TUMORI TIROIDEI

LE NEOPLASIE MALIGNE DELLA TIROIDE

Prof. Giampaolo Papi

 

I carcinomi tiroidei costituiscono meno dell’1% di tutti i tumori maligni. E’ stato calcolato che l’incidenza annuale di neoplasie tiroidee maligne varia da 0.5 a 10 casi per 100.000 abitanti, a seconda dell’area geografica.

NEOPLASIE PRIMITIVE

Di origine dall’epitelio follicolare

Carcinoma papillare

Carcinoma follicolare

Carcinoma scarsamente differenziato

Carcinoma anaplastico

 

Di origine dalle cellule parafollicolari C

Carcinoma midollare

Di origine mista (follicolare-parafollicolare)

Carcinoma misto midollare-follicolare

Di origine dal tessuto linfatico

Linfoma

Plasmocitoma

Di origine mesenchimale

Angiosarcoma

Leiomiosarcoma

Di origine dalle cellule nervose

 

Tumore maligno della guaina dei nervi periferici (MPNST)

 

Di altra origine

Carcinoma squamocellulare

Carcinoma mucoepidermoide

Carcinoma mucinoso

Carcinoma a differenziazione thymus-like (CASTLE)

Tumore a cellule fusate a differenziazione thymus-like (SETTLE)

Teratoma maligno

NEOPLASIE SECONDARIE

Metastasi da altri organi

EZIOPATOGENESI
(a) Neoplasie di origine dall’epitelio follicolare

Uno dei più importanti fattori di rischio per i carcinomi tiroidei differenziati è rappresentato dal deficit di Iodio, grave soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ma non trascurabile anche nei Paesi industrializzati ed in particolare in quelli che non hanno varato un programma di iodo-profilassi. In Italia, il 21 marzo 2005, è stata approvata la legge N. 55 che impone la disponibilità di sale arricchito di iodio in tutti i punti vendita.

E’ stato dimostrato che la carenza iodica provoca l’aumento della secrezione ipofisaria del TSH, al fine di stimolare la captazione dello iodio da parte dei tireociti; il TSH si comporta da fattore di crescita per le cellule epiteliali tiroidee, promuovendo i processi di tumorigenesi nei pazienti geneticamente predisposti.

Un’azione simile, e con tutta probabilità di favoreggiamento, rispetto a quella esercitata dal TSH sui tireociti - stimolazione della proliferazione e promozione dei meccanismi di oncogenesi – viene attribuita agli ormoni sessuali ed in particolare agli estrogeni. A corroborare questa ipotesi, vi è la maggiore frequenza dei carcinomi differenziati tiroidei nei giovani adulti.

Altro importante fattore di rischio per il carcinoma tiroideo è rappresentato dalle radiazioni ionizzanti, come ad esempio quelle da radioterapia esterna o le radiazioni alle quali furono esposte le popolazioni della Bielorussia e dei Paesi limitrofi in seguito all’incidente nucleare di Chernobyl.
A causa dell’esplosione del reattore della centrale nucleare, si sprigionarono numerosi radionuclidi, in particolare 132I e 131I , che si concentrarono all’interno della tiroide causando rotture nella doppia elica del DNA e mutazioni a livello di oncogeni e proteine fondamentali per il metabolismo delle cellule e la regolazione del ciclo cellulare.

E’ interessante sottolineare che i meccanismi eziopatogenetici delle neoplasie tiroidee insorte nei soggetti sottoposti a radiazioni ionizzanti differiscono da quelli che causano l’insorgenza di tumori in altri individui. Infatti, negli studi di biologia molecolare condotti sui carcinomi papillari tiroidei sporadici, le mutazioni più frequentemente riscontrate sono state quelle a carico dell’oncogene BRAF (in circa il 33% dei casi) ed in minor misura di RAS (nel 16% circa), mentre nei carcinomi papillari dei pazienti sottoposti a radiazioni è stata dimostrata un’alta prevalenza (fino all’80%) di riarrangiamenti cromosomici dell’oncogene RET, noti come RET/PTC.
Poiché le cellule follicolari tiroidee di pazienti con tiroidite cronica autoimmune presentano spesso riarrangiamenti RET/PTC,tale condizione è stata indicata come fattore di rischio per lo sviluppo del carcinoma papillare tiroideo. Mutazioni di RAS, unitamente a riarrangiamenti PAX8/PPARγ, sono state riscontrate con maggiore frequenza nei carcinomi follicolari tiroidei.

Per quanto riguarda invece i carcinomi scasamente differenziati ed anaplastici, è stato ipotizzato che essi rappresentino, nella maggior parte dei casi, l’evoluzione in senso aggressivo di carcinomi papillari o follicolari pre-esistenti. Sembra supportare tale ipotesi la perdita, anche solo parziale, di markers di differenziazione tireocitaria e di regolazione del ciclo cellulare - quali tireoglobulina, BCL-2, p27, E-cadherin di membrana - da parte delle cellule neoplastiche.

Le cellule dei tumori scarsamente differenziati conservano, da un lato, le mutazioni caratteristiche delle neoplasie tiroidee di origine epiteliale - ad esempio BRAF e RAS - ed acquisiscono, dall’altro, nuove mutazioni - come quelle a livello di TP53 e beta-catenina - dimostrando un aumento degli indici di attività mitotica (Ki-67, MIB-1) e di progressione del ciclo cellulare (ciclina D1). 

(b) Neoplasie di origine dalle cellule parafollicolari C

Il carcinoma midollare tiroideo familiare (FMTC) e la MEN (multiple endocrine neoplasms) di tipo 2 sono malattie ad eredità autosomica dominante, causate da mutazioni puntiformi germinative (germ-line) del proto-oncogene RET, situato sul cromosoma 10. Nel FMTC, il carcinoma midollare tiroideo rappresenta l’unica forma tumorale, mentre nella MEN 2A esso si associa, con vari gradi di penetranza, al feocromocitoma ed all’iperparatiroidismo e, nella MEN 2B, a feocromocitoma, neurinomi mucosi ed habitus marfanoide. In numerosi casi di carcinoma midollare tiroideo sporadico, cioè non ereditario, sono state riscontrate mutazioni puntiformi somatiche di RET, cioè unicamente all’interno delle cellule tumorali.

DIAGNOSI

Le neoplasie maligne della tiroide si manifestano tipicamente con la comparsa di una massa palpabile nella regione anteriore del collo, associata o meno a linfoadenomegalie latero-cervicali.

La diagnosi pre-operatoria di neoplasia tiroidea si basa su:

 

 

La scintigrafia tiroidea, che un tempo era eseguita di routine in tutti i pazienti con noduli tiroidei, trova al giorno d’oggi indicazione solo nei soggetti con ipertiroidismo ed in quelli che presentano una citologia tiroidea suggestiva per neoformazione follicolare.
 

TERAPIA

 

La terapia delle neoplasie tiroidee differenziate (carcinoma papillare e carcinoma follicolare), le quali rappresentano oltre il 90% dei tumori maligni della tiroide, è ben delineata nella Consensus italiana AIT-SIE-AME del 2018, alla quale si rimanda per il necessario approfondimento. (PDF CONSENSUS TUMORI)
 

Per quanto riguarda il trattamento del carcinoma midollare tiroideo, neoplasia più rara (circa il 2-3% di tutti I tumori maligni della tiroide) causata da mutazioni somatiche o germinative del proto-oncogene RET, l’American Thyroid Association (ATA) ha rilasciato nel 2015 apposite Linee Guida. (PDF CARCINOMA MIDOLLARE)
 

Sempre all’American Thyroid Association (ATA) appartengono le Linee Guida (PDF CARCINOMA ANAPLASTICO) per il trattamento del carcinoma anaplastico della tiroide, una neoplasia maligna molto aggressiva che rappresenta circa l’1% dei tumori tiroidei primitivi.

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